Scalperare
Voce del verbo. Andare la mattina all’alba del giorno del release - messa in vendita - ad acquistare tutte le unità possibili di un prodotto hype - molto più che atteso - per rivenderlo. Scalper, nome comune di persona che si fa il giro di tutti i negozi, quali che siano, per comprare l’oggetto del desiderio de3 molt3, e poi metterlo in vendita a prezzo maggiorato. Molto maggiorato. Scalper, parola che per chi fa opera di compra vendita materiale va come sinonimo di bagarinaggio, ma che in finanza indica chi vende e compra nell’arco di poco sfruttando piccole variazioni di prezzo. Contesto che vai, classismo che trovi.
La prima volta che ho visto la coda degli scalper non ho capito bene cosa stava succedendo. In quel caso, sempre senza sapere bene perché, mi trovavo in orario di apertura al centro commerciale di Arese. La lunga attesa era fuori dal negozio della Swatch che, mettendo insieme i pezzi di conversazione carpiti qua e là, stava per rilasciare un’edizione limitata in collaborazione con un’azienda di orologi di lusso. Il prodotto finale era un orologio ambito, ma con un prezzo alla portata di molte più persone del solito. Non fosse che, aperta la saracinesca ed esposta la merce, quella fosse già su ebay e affini a prezzi rinforzati. Un ragazzo, quella mattina, ha urlato al telefono che con un investimento di trecento euro ne aveva fatti su circa duemila. Tra gli applausi generali, metaforici e non.
Per molte persone infatti, questo è spirito imprenditoriale. E non fraintendetemi, se una persona si può tirar su uno stipendio così, tanto meglio e il problema non è certo lei. Anzi. Il problema è quello che ci sta intorno. Il modello economico culturale che ci spinge a trasformare anche i prezzi bassi in prezzi di lusso perché la legge della scarsità è così forte che la ripetiamo pure noi.
Nell’arco di un anno, ho osservato - con non poca inquietudine - la stessa cosa accadere attorno al nuovo bene da investimento: le carte Pokemon. Giusto qualche giorno fa è stato rilasciato un bundle - pacchetto - da 15 bustine il cui prezzo di vendita avrebbe dovuto essere circa 36 euro, ma che, già dal primissimo giorno, alla Giochi Preziosi veniva venuto a 69,99€. Da Game Stop a 99€ e passa. Per il resto, edicole e negozi erano già stati scalperati. E quindi, mio fratello che voleva il pacchetto per sé e per suə figliə, non riusciva a trovarlo ad un prezzo che non fosse un furto. E sebbene sia facile, facilissimo, attribuire tutta la colpa agli scalper, questi due negozi ci dimostrano che in effetti, in problema è sempre dell’industria e della facilità con cui si modula per aumentare il guadagno. Infatti, per arginare un po’ la sclaperata, ma permettere pure a queste persone di farci due spicci, potrebbero vendere un numero limitato di pacchetti a persona. Cosa che alcune rivenditorie già fanno. Ma poi ci si mettono colossi come GameStop a fare rincaro diretto e allora, davvero, è colpa di chi?
Chi è che trasforma pure un gioco, un cazzo di gioco, in un’impresa di guadagno o in un vezzo per più ricchi? Perché io, le carte a novanta euro mica gliele posso regalare a mio nipote. Mentre qualcun altro può non battere ciglio davanti a quella cifra.
Chi è che cambia le regole? Nessun*, perché non sono mai variate. Sono solo estese ad ogni singolo elemento della nostra vita. Pure al divertimento. Se puoi paghi, sennò devi farci dei soldi. Altrimenti resti fuori, e puoi osservare le code, guardare i prezzi da lontano, e chiederti se sia il caso di mettere via i soldi per un regalo di compleanno o cosa. Se ci arrivi a mettere via quella cifra.
Il vero scalper è questa cultura che fa credere che fregare le persone che arrivano dopo sia un comportamento encomiabile. Il reale scalperamento si realizza prima ancora che le merci arrivino in negozio, quando il capitale continua il suo monotono e meccanico respiro indisturbato. Dopotutto, se l’imprenditorialità è una caratteristica comportamentale che gode di un’accezione positiva, la sua assenza ha un inevitabile valore negativo che non finisce mai all’assenza, ma diventa colpa per una presunta mancanza. Sei una persona che non guadagna abbastanza, non hai un progetto che ti permetterà - forse boh quando - di fare più soldi, non pensi a metterti in proprio, non hai soldi investiti, non ti metti manco a fare i rincari sui pacchetti delle carte Pokemon? Beh, allora è colpa tua
Mica del sistema economico e sociale, quell’agglomerato di poteri mal distribuiti e oculatamente ristretti a cui i ricchi del mondo non vogliono guardare in bocca e, per evitare che lo facciano gli altri, la buttano sulla responsabilità personale. Chi non risica non rosica, e tu che non ti puoi permettere di risicare devi rosicare e sentirti pure addossare la responsabilità delle cose. Se l’idea generale è che non avere 100 euro in più a fine mese è colpa di chi non li ha guadagnati, allora nessun* si scomoderà a pensare che forse, il vero problema è che non sono stati retribuiti. Che non c’è un sistema sociale degno di questo nome che si assicura che non esista la possibilità che non si abbia abbastanza per vivere. Vivere, che è un po’ più elastico come range del sopravvivere. E invece.
Perciò, c’è anche chi scalpera e nessunə se ne cura.
Scalperat3, ripulit3 e mazziat3 perché non siamo abbastanza furb3, ché il sistema premia gli audaci e chi non ha nemmeno bisogno di correre il rischio.
E niente, alla fine le carte sono arrivate grazie ad un amico che ha una parente che gestisce un’edicola e le vende a prezzo regolare. Confesso che ho pensato di rubarle solo per il gusto di togliere quei 30/60 euro di rincaro ai negozi, ma ormai abbiamo telecamere pure nel cervello e prima ancora di finire di rifletterci ho guardato dove fossero piazzate.
Il capitalismo è una cultura competitiva che ci fa fregare a vicenda pure sui giochi. E a farlo mentre c’è chi difende questa organizzazione sperequata che è malsana e putrida e pandemica. Cavalieri del capitale che poi, tanto, sanno benissimo, che finiamo con l’incazzarci tra di noi. A prendercela con gli scalper - che magari sono pure persone giovani che si fanno notti in bianco e code di ore - e non con i negozi che impostano il prezzo di vendita, per dire.
A chiederci se avremo mai i soldi per le carte dei Pokemon invece di pensare che dobbiamo smontare tutto, ma proprio tutto. Vetrine dei negozi comprese.
La recensione che non ti aspetti.
O forse, sì.
Mai farsi arrestare di venerdì. Per un sacco di motivi. Perché nessuno si fa arrestare, al massimo si vene arrestat3. Perché il venerdì è un’ottima scusa per tirare fino al lunedì, che vuoi spezzare il weekend alle forze dell’ordine? Mai farsi arrestare di venerdì perché ve lo spiega Tzarina Caterina Casiccia in un bookblok che è un saggio, un reportage e un libro di poesia tutto insieme. Un libro che comincia da lì, dal gabbio, dalla difficoltà di dirsi e trovare tracce che permettano di essere mentre per il mondo si smette di esistere. Mentre si assume uno stadio sospeso e si finisce in un fuori così fuori che può pure stare dentro, tanto non si vede e non si sente. Cercare di ricordare che nel carcere la vita procede massiccia e di farlo senza fare sconti, senza mancare di richiamare la memoria di chi, invece, di carcere ci è mortə. Sono 144 pagine, forse un record per la collana, ma pochissime rispetto alla mole di quello che c’è dentro. Catalano e italiano. Poesia che fa teoria abolizionista e pratica anticarceraria che diventa poesia se la pensi e se ci pensi che un mondo senza sbarre è possibile tanto quanto è necessario. Pieno di storie, di nomi, di persone, di gesti, di immagini, questo libro vi guida con cruda e dolcissima attenzione tra intrecci e sospensioni, tra leggi e punitivismo, tra dolori e solidarietà .
Un libro bellissimo che non posso spoilerarvi di un centimetro perché quel centimetro è la voce dentro il carcere e va ascoltata tutta, assorbita nella carne per intero e propagata.
“Mai farsi arrestare di venerdì”, di Tzarina Caterina Casiccia, edito da Eris Edizoni nella collana Bookbloc, 144 pagine, un sacco di poesie - che avrei potuto contare per fare una chiusura più figa - uscito nel 2024, ma che io ho recuperato solo quest’anno e fatelo pure voi se non avete ancora posato la mente lì dentro. Prezzo di copertina 10 euro.
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